attività subacquea

Attività subacquea: regolamenti e ordinanze

In questo articolo analizziamo come si deve svolgere l’attività subacquea da un punto di vista legale, attenendosi a ordinanze e regolamenti.

La regolamentazione dell’attività subacquea – ricreativa in base alla normativa vigente

Le ordinanze delle Capitanerie di porto, così come i regolamenti delle Aree marine protette, come abbiamo già avuto modo di rilevare, sono provvedimenti di natura amministrativa, che creano obblighi e divieti.

La loro inosservanza comporta sanzioni sia di natura amministrativa che di natura penale che, al pari di tutte le altre disposizioni normative di cui abbiamo finora parlato, possono essere rilevanti per la determinazione della colpa in capo alla guida in caso di incidente.

Pur non avendo forza di legge per la loro qualità di fonti normative secondarie, hanno comunque sopperito negli anni alla carenza normativa statale in materia di subacquea – ricreativa. In particolare le Capitanerie di porto che, con le loro ordinanze, hanno di fatto dettato norme di sicurezza ai centri di immersione, imponendo dotazioni indispensabili quali bombole di riserva, rapporti minimi tra guida e gruppo di subacquei guidati, bombola di ossigeno a bordo, comunicazione di partenza per l’immersione con l’elenco dei subacquei partecipanti, piano di soccorso in caso di incidente.

Attività subacquea in aree marine protette

È anche vero che tali ordinanze non sono di certo uniformi e variano a seconda delle aree geografiche di competenza, così come non sono uniformi i regolamenti delle Aree marine protette, nonostante una direttiva (dispaccio 35378 in data 7 giugno 2004) con la quale “il Comando Generale delle Capitanerie di porto autorizza, in via generale, l’emanazione, di concerto con i soggetti gestori delle rispettive aree marine protette, di apposite ordinanze contenenti la disciplina delle attività in tali aree” [1].

Ma cosa sono le Aree marine protette? Esse sono costituite da zone di mare circoscritte di particolare pregio ambientale le cui attività umane, quali la pesca, le immersioni subacquee, il transito con imbarcazioni a motore, sono limitate totalmente o parzialmente.

Sono 27, oltre a 2 parchi, e ricoprono complessivamente circa 222mila ettari di mare e circa 700 chilometri di costa. Ogni area è suddivisa in tre zone “A” – “B” – “C” a seconda i diversi gradi di rispetto. L’istituzione delle Aree marine protette deriva dalla legge n. 394 del 6 dicembre 1991 (Legge Quadro sulle aree protette), e il regolamento del parco è approvato dal Ministro dell’ambiente [2].

Nel tentativo di uniformare ed integrare le ordinanze delle Capitanerie di porto con i regolamenti delle Aree marine protette ad esse connessi, è stato istituito, con lavori nelle fasi conclusive del 24 gennaio 2007 e del 21 febbraio 2007, un tavolo tecnico per le attività subacquee ricreative presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con il coinvolgimento delle Capitanerie di porto, della Federparchi, in rappresentanza degli enti gestori delle Aree marine protette e dei Parchi nazionali costieri, di ADISUB, ASSOSUB, CIAS, CMAS, FIPSAS, HSA Italia, in rappresentanza delle principali didattiche e federazioni nazionali e internazionali operanti in Italia, nonché di Greenpeace Italia, Legambiente, Lega navale italiana nonché di varie associazioni ambientaliste.

In quella sede sono state proposte “tecniche e regole di riferimento per le attività subacquee ricreative, basate su principi uniformi, da applicare a tutto il sistema delle aree marine protette”.

È stato altresì predisposto un Codice di condotta nazionale, che enuncia i comportamenti da “adottare nel corso delle immersioni subacquee ai fini della tutela ambientale e della fruizione sostenibile” [3].

attività subacquea

Note

[1] Da http://www.diveaquarius.net/… consultato il 09/10/2011.

[2] http://www.minambiente.it/ consultato il 9/10/2011

[3] http://www.ram.minambiente.it/…consultato il 09/10/2011

Estratto dalla tesi di Laurea “L’istruttore subacqueo. Rischio consentito, obblighi e responsabilità verso i terzi”. Relatore: Prof. Carmela Annarumma. Anno Accademico 2010-2011.

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